Oman: il Paese del Sultano in 7 giorni
Oman: il Paese del Sultano in 7 giorni
Un Sultano che durante l’anno gira i territori del suo regno spostandosi come gli antichi beduini del deserto, con tende (ormai fisse) e il suo enorme entourage. Un sultanato che una volta era un tutt’uno con il regno di Zanzibar.
Un Paese denso di formazioni rocciose, wadis, e una vegetazione minima fatta eccezione per Salalah. Ad est, in tutta l’area che collega Muscat con Ibra e più a nord con Nizwa, Jebel Shams, Al Hamra e Bahla, potreste ambientarci qualche centinaio di film di fantascienza o finte riprese dello sbarco sulla luna senza mai trovare due insenature uguali.
Un Paese letteralmente affiancato da Yemen, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, che guarda verso le coste dell’Iran, e la cui storia è stata fortemente influenzata dalla sua posizione tra Mar Arabico e Oceano Indiano. Una terra che inglesi e portoghesi hanno tentato di domare a più riprese nel corso dei secoli, cercando di controllare il commercio verso le Indie.
Un luogo di vacanza per molti sauditi ed emiratini. Casa di appena 5 milioni di abitanti, di cui quasi due milioni provengono da Bangladesh, India e Pakistan.
Una nazione orgogliosa del progresso che ha fatto in determinate aree come l’istruzione, con un tasso di alfabetizzazione della popolazione di circa l’87%. Se guiderete per le strade dell’Oman noterete che la triade scuola-moschea-tribunale è sempre garantita, anche in aree che si potrebbero considerare più remote.
Un Paese che guarda al futuro e che sta cercando di diversificare la propria economia, cercando di allontanarsi gradualmente dalle revenues petrolifere per puntare su manifattura, industria della pesca - già molto importante - energie rinnovabili e turismo, come dimostra lo slancio intrapreso da qualche anno per lo studio di più lingue già dalla scuola primaria.
Ad oggi le voci chiave dell’export rimangono Oil&Gas.
Cosa aspettarsi? Vastità dei paesaggi, gentilezza delle persone e datteri di benvenuto per iniziare. A seguire, una moltitudine di Toyota Landcruiser, vecchie fortezze e cieli stellati.
Giorno 1 - Muscat (مسقط)
Arrivando dall’Italia di prima mattina ci siamo concessi un paio d’ore di sonno prima di andare ad esplorare a piedi: il mercato del pesce, Takia, e il Souq di Mutrah nella città vecchia.
Se andrete al mercato del pesce vi renderete conto che il mare dell’Oman è pescosissimo e che la taglia di alcune specie è davvero impressionante. Il pezzo forte? Lo squalo essiccato confezionato. Come in ogni mercato che si rispetti, forti odori e urla di sottofondo vi faranno svegliare meglio di un buon caffè (che sarebbe comunque difficile da trovare).
La passeggiata verso Takia, ossia verso il Palazzo del Sultano e il Museo dell’Oman, è una passeggiata lungo il mare quasi completamente al sole quindi anche in inverno conviene muoversi presto e poi prendere un taxi per il ritorno.
Il Souq è assolutamente vivo, frequentato soprattutto da gruppi di donne che svolgono compere per le proprie famiglie (spesso pagando con la carta di credito).
Considerando che venerdì è a tutti gli effetti giorno di chiusura e di festa abbiamo girato per diverso tempo il quartiere amministrativo senza vedere un’anima a passeggio, in macchina, o su qualsiasi altro mezzo, assolutamente spettrale.
Giorno 2 - Nizwa, Bahla, Al Hamra, to Jebel Shams
Rumore di gabbiani, venticello e sveglia presto per incontrare il nostro driver Fakhar Al-Wahaibi; il santo che mi ha lasciato carta bianca sull’itinerario e che ha risposto a tutte le nostre domande sulla cultura, la religione, l’economia e la società omanita che ci sono sorte nel corso della settimana.
Il percorso fino a Jebel Shams, passando per tutti i villaggi della provincia di Nizwa, prevede circa 4 ore di viaggio da Muscat, prevalentemente su strade asfaltate. Nizwa, con il suo castello che controlla la vallata, è stata per anni la capitale della regione. Si tratta tutt’oggi di una delle principali sedi per il commercio del bestiame da pastorizia, oltre a essere una piazza interessante per compravendere ortaggi, spezie e indovinate: datteri.
Le fortezze di Nizwa e Bahla, così come le vecchie abitazioni di Al Hamra, sono di un color terraceo e ambrato insieme, così caldo che le pareti, oltre a sussurrarti leggende di tempi passati, sembrano pronte ad avvolgerti in un abbraccio.
Purtroppo, le antiche tecniche di costruzione che si sono trascinate sino ai nostri tempi, basate, di fatto, sull’utilizzo dei tronchi e delle foglie di palma, non sono particolarmente resistenti ai fenomeni piovosi (sempre più frequenti in determinate stagioni dell’anno) e richiedono quindi interventi continui di ripristino. Data l’attuale disponibilità a buon mercato di materiali più “moderni”, quali il cemento e il calcestruzzo, questa tipologia di abitazione sta piano piano scomparendo, con il rischio che in futuro intere strade saranno abbandonate e relegate a ricordo.
Considerando che a dicembre le giornate sono abbastanza corte siamo arrivati in cima all’altopiano di Jebel Shams giusto in tempo per una camminata di esplorazione al tramonto. Passeggiata breve, ma in quota, per cui ci siamo meritati una bevuta (rigorosamente analcolica) in uno dei bar più sperduti del mondo.
Dai numerosi cantieri che si intravedono dalla strada è evidente che la zona stia diventando sempre più appetibile per i turisti, prevalentemente stranieri, e che nel giro di poco tempo anche qui sorgeranno resort di lusso che potranno forse presentarsi come rifugio dalla calura per gli abitanti della penisola araba.
Giorno 3 - Jebel Shams, Ibra, Bidiyah (Wahiba Sands) | 4 ore
Con pochi giorni a disposizione, avevamo scelto di dirigersi poi direttamente nel deserto per passare la notte della vigilia di Natale sotto le stelle.
Fakhar di buona lena ci ha portato giù dalla montagna, passando rigorosamente da varie public toilets, per poi portarci a vedere altri villaggi abbandonati dai colori pastelli nei pressi di Ibra.
Da lì abbiamo proseguito verso Bidiyah, la cittadina che si erge al confine settentrionale del deserto di Wahiba Sands, e da cui solitamente partono i transfer per entrare effettivamente nei camping nel deserto.
Nel nostro caso, considerando che eravamo con un autista locale esperto, avevamo già pianificato di attraversare tutto il deserto verso sud-est per poi essere più vicini all’Isola di Masirah e quindi non ci siamo fermati a Bidiyah.
Dopo un arrivo rocambolesco al Thousand Stars Desert Camp, complice un mio lapsus che è valso 80 km in più di strada, siamo stati ripagati con una stellata più unica che rara e una privacy impareggiabile. Il camping prevede solo due tende doppie, e quella sera c’eravamo solo noi.
Il proprietario, un giovanissimo ragazzo beduino di nome Ali, ha accomodato tutte le nostre richieste e ci ha fatto vivere un’esperienza straordinaria. Come in molti altri casi, complice anche la fotogenicità del posto, il deserto di Wihiba Sands è in ascesa continua e come ci ha raccontato Ali la nuova sfida per gli imprenditori del posto è fornire esperienze che siano il più autentiche possibili, rispettando gli spazi altrui. Si tratta, in sostanza, di una gara all’ultima duna.
Giorno 4 - Wahiba Sands, arrivo a Masirah Island
Ci svegliamo così presto che il sole è ancora aldilà dell’orizzonte, e le tende sono ancora bagnate dall’umidità che la notte ha portato con sè. Dopo aver scambiato qualche battuta con Ali sull difficoltà di costruire un bagno nel deserto, partiamo alla volta di Masirah Island.
In circa 5 ore, e con vari dietro-front per dune eccessivamente alte, attraversiamo oltre 200 km di deserto verso il mare. Nei tratti più semplici Fakhar mi cede il volante mentre si diverte a selezionare le sue canzoni preferite in sottofondo. Fatta eccezione per due famiglie beduine che vivono letteralmente in mezzo al nulla non incrociamo anima viva. Troviamo, tuttavia, una moschea e successivamente un posto che a tratti e momenti ignoti serve da stazione di riferimento.
Una donna ci accoglie all’interno della sua dimora per caffè e datteri mentre è intenta a guardare qualcosa - di non meglio specificato - sul proprio smartphone. La sua tenda, oltre all’erba finta in ingresso, è costellata da tovaglie e tapezzerie di dubbio “gusto” secondo i canoni perbenisti ma che sono certa servono a dar colore ad una vita caratterizzata solo dai colori del cielo e della sabbia.
Mi lascio convincere e mi faccio truccare gli occhi con un prodotto a base di grasso di squalo, una sorta di kajal assai artigianale.
Ma non possiamo fermarci oltre, il traghetto ci attende.
Gli ultimi chilometri sono costellati esclusivamente da lampioni a bordo strada e disese di sale a completare il paesaggio. Anche qui un paesaggio per certi versi spettrale, ma senz’ombra di dubbio affascinante.
Quando scendiamo dalla macchina il vento sabbioso ha passato il testimone alla brezza al sapore di salsedine (ossia: sale, pesce, alghe e gabbiani), assolutamente romantico. Insieme a noi sul traghetto salgono anche svariati lavoratori di pescherecci che fanno periodi stagionali a Masirah.
Dopo circa 2 ore di navigazione su questa imbarcazione arrugginita, afosa e un generalmente malconcia arriviamo sull’isola di Masirah. Durante la Guerra del Golfo e a seguire con l’invasione americana dell’Afghanistan prima e quella dell’Iraq poi, Masirah è stata una base di combattimento sia per gli Stati Uniti sia per il Regno Unito.
Stanchi dal viaggio ci concediamo una serata tranquilla in albergo (altro posto vagamente spettrale, enorme e un po’ disabitato). Riesco comunque a fare un tuffo in piscina il 26 dicembre.
Giorno 5 - Masirah Island
Nel corso della giornata ci dedichiamo all’esplorazione (in macchina) dell’isola, lunga circa 70 km. Conoscendo bene la zona, Fakhar si organizza per prepararci un pranzo al sacco a base di pesce alla griglia che ci gustiamo all’ombra di uno dei pochi gazebo sparsi lungo la costa. Così come su tutta la costa sud est dell’Oman, queste strutture di legno sono di fatto gli unici ripari dal sole e servono sia come zona di riposo per chi va in spiaggia sia come stazioni per grigliate e pic-nic.
Nonostante le onde, riusciamo a immergerci per un bagno nell’Oceano Indiano, e mentre ci asciughiamo ci divertiamo a guardare le competizioni serrate fra i granchi che occupano tutti gli scogli vicino a noi.
Al tramonto ci togliamo le scarpe e camminiamo per alcuni chilometri su e giù, in compagnia di gabbiani, qualche peschereccio indiano derelitto, mentre veniamo affiancati ogni tanto da giovani in pick-up che guidano spensierati lungo questa immensa spiaggia totalmente deserta.
Umanità incontrata durante la giornata: nessuna, in compenso un cammello ha fatto visita al nostro finestrino nella speranza di trovare qualcosa da sgranocchiare.
Giorno 6 - Rientro a Muscat
L’ultimo giorno l’intinerario è semplice, anche perchè vi è solo una strada, quella lungo la costa che risale fino alla trafficata Muscat.
Dopo chilometri e chilometri di villaggi davvero piccolissimi, ci fermiamo per pranzo nei pressi della località Al-Ashkharah, un villaggio di pescatori. Pittoresco, direte. Non particolarmente. La verità è che anche qui Fakhar conosce un ottimo bagno pubblico. Quando arriviamo il manager ci stringe la mano ed è lieto di farsi una foto con noi.
La strada e il tempo ci consentono di fermarci nella città di Sur, località famosa per la costruzione delle tipiche imbarcazioni di legno “dhow”. Una tradizione che diverse famiglie del luogo stanno cercando di rendere nota al pubblico; per saperne di più potete recarvi al Dhow Museum della città. Una tradizione tanto più particolare se uno considera che il materiale di base per queste imbarcazioni è il legno, e che in Oman la vegetazione - palme a parte - è sostanzialmente inesistente.
Con questa e tante altre nozioni apprese nel corso della settimana, ci gustiamo il rientro in città mentre il sole tramonta oltre le montagne.
Itinerario completo
Tappe, hotel e ristoranti salvati sul mio elenco Google Maps.
Qui sotto la galleria completa per farvi venire voglia di visitare l’Oman.